Nuovo Codice Forestale: “Non rispetta la Costituzione, ecco perchè”
“Molte nubi oscurano il futuro delle foreste italiane. E’ di imminente approvazione da parte del Consiglio dei Ministri il Testo Unico Forestale che dovrebbe regolamentare tutte le attività del settore per i prossimi venti anni. Si tratta di un provvedimento che sta suscitando grande indignazione in larghe fasce del mondo accademico e dell’opinione pubblica sia per il metodo con cui è stato redatto che per il suo contenuto”, scrive Pedrotti. “Il testo del provvedimento di legge è il risultato del lavoro di un ristretto gruppo di persone con competenze limitate a specifici settori delle scienze forestali e da altri soggetti rappresentativi del mondo agrario, commerciale ed industriale. Totalmente assenti esperti nei settori dell’Ecologia, della Botanica, della Zoologia, della Patologia vegetale, della Geologia, dell’Idrologia, della Medicina. Anche alcuni confronti pubblici organizzati dai promotori della legge hanno avuto solo funzione di facciata perché tutti le opinioni dissonanti rispetto all’impostazione del testo non sono state tenute in alcun conto. Ne è derivato un provvedimento che, non considerando il bosco nella sua complessità ecosistemica, finisce col promuoverne e sostenerne solo le potenzialità produttive trascurando ogni riferimento agli aspetti di tutela delle foreste e dei suoli, se non quelli già imposti dalla normativa. Le conseguenze sono devastanti.
Di seguito il prof. Pedrotti elenca quelle che destano maggiore sconcerto:
- Fatta eccezione per la aree protette, che sono già tutelate da altra normativa, nel Testo Unico non viene considerata alcuna ipotesi di zonizzazione del territorio forestale ossia distinzione tra boschi di protezione, boschi di produzione e boschi degradati da restaurare. Le attività di carattere produttivo possono essere applicate dovunque;
- Per “migliorare” le condizioni del patrimonio forestale nazionale viene proposta e sostenuta la cosiddetta “gestione attiva” del bosco che, però, consiste solo in varie modalità di taglio dello stesso;
- Tutti i rimboschimenti, anche quelli “storici” eseguiti a fine Ottocento e che quindi fanno ormai parte del patrimonio paesaggistico tradizionale, che il Testo Unico sostiene di voler preservare, vengono esclusi dalla categoria bosco e quindi possono essere eliminati. Lo stesso dicasi per quelli eseguiti con finanziamenti dell’Unione Europea.
- I boschi vengono messi sullo stesso piano dei terreni agrari, come se fossero sistemi artificiali e non dotati di una propria capacità autorganizzativa. Si considerano abbandonati i boschi cedui che non abbiano subito tagli per un periodo superiore alla metà del turno consuetudinario o le fustaie che non abbiano subito diradamenti negli ultimi venti anni. Pertanto, un bosco che, per volere del suo legittimo proprietario, evolve naturalmente verso forme più complesse e stabili, viene considerato abbandonato. Egualmente viene giudicato abbandonato un terreno agricolo non coltivato negli ultimi tre anni. Tale è reputato anche un campo non arato da anni e riconquistato dalla vegetazione spontanea, in particolare forestale: i cosiddetti boschi di neoformazione;
- Se il proprietario dei terreni agricoli abbandonati non provvede direttamente alla messa a coltura degli stessi, eliminando la vegetazione infestante (anche i boschi di neoformazione), l’autorità pubblica provvede al recupero “produttivo” degli stessi o agendo in proprio o delegando tali interventi a soggetti terzi come, ad esempio, cooperative giovanili;
- Si introduce il termine “trasformazione” per indicare esplicitamente l’eliminazione del bosco. La trasformazione può essere compensata con altre opere e servizi. Ciò vuol dire che l’eliminazione di un bosco, magari di pregio, può essere compensata con un rimboschimento qualsiasi, anche fisicamente lontano, ma anche con un’opera di servizio quale una strada forestale. Non è tutto: la compensazione può risolversi addirittura nel versamento di un contributo monetario alla Regione. Insomma, un modo surrettizio per autorizzare cambi di uso del suolo non consentiti dalla normativa vigente;
- Il provvedimento pone ripetutamente l’accento sulla necessità della gestione del patrimonio forestale nazionale attraverso la selvicoltura. Di fatto, introduce delle scadenze temporali agli interventi che, paradossalmente, sono contrari alla selvicoltura, anche a quella produttivistica nell’accezione più riduttiva del termine, perché impongono limiti che contrastano con la necessità del selvicoltore di adattare le modalità di intervento a quelle che sono le caratteristiche proprie di ciascun popolamento. Nella sostanza, la sola attività realmente praticabile è la produzione di biomasse per scopi energetici ossia il taglio del bosco per l’alimentazione delle centrali a biomasse. Con i non trascurabili risvolti che ciò comporta anche per la salute dell’uomo;
- Nel Testo Unico manca qualsiasi riferimento alla fauna, alle sue funzioni negli ecosistemi forestali, e alla sua protezione.
“Questi sono solo alcuni dei tanti aspetti che rendono questo provvedimento di legge incompleto – conclude il Prof. Emerito Franco Pedrotti – non rispettoso dei principi della Costituzione italiana, lontano da una sana politica ambientale, pericoloso per la conservazione del Capitale naturale nazionale e studiato non nell’interesse della collettività ma per favorire solo quello di alcuni soggetti. Per tali motivi il Testo Unico non può essere approvato”.
Fonte: http://www.italiaambiente.it